lunedì 28 ottobre 2019

Step #5 - Il Mito

lI prodigio della Vergine


Il tempio della Vergine Assunta, oggi della Mutata, forse esistente già nel X secolo, fu edificata nella Foresta Tarantina ai piedi della Murgia martinese. In questa primitiva chiesa, anticamente chiamata “S. Maria in silvis”, c'era l'affresco della Madonna dipinto sulla parete a Sud e rivolto verso Martina Franca, fatto che ne faceva dedurre il possesso del luogo ai martinesi. Ma i martinesi, la tradizione vuole, non curavano tanto il luogo a differenza dei grottagliesi, più devoti. Quindi avvenne un prodigio. Il lunedì di Pentecoste del 1359 miracolosamente l'immagine della Madonna fu ritrovata dipinta sulla parete a Nord, rivolta verso Grottaglie. Tale fatto decretò per sempre i diritti dei Grottagliesi sul luogo sacro. Questo mutamento di posizione è all'origine del toponimo Madonna della Mutata. Ci sarebbe però, a tal proposito, anche una spiegazione basata su una ricerca storica, condotta da Ciro Cafforio (1954), nella quale si  mette in relazione il nome "Mutata" con il luogo di ristoro e cambio cavalli, una "mutationes" del periodo romano, ma la tradizione orale che si fonda sul miracolo ha sempre convinto intere generazioni sul prodigio compiuto dalla Vergine
Il popolo quindi si consacrò alla Vergine Assunta, ergendola a Patrona Principale. Da allora, la festività della Pentecoste viene solennizzata come festa della Madonna di Mutata, con processione e festeggiamenti, la cui imponenza è andata diminuendo durante gli anni. Tra il XVI e XVII secolo i grottagliesi organizzavano una grande manifestazione di ringraziamento per una intercessione avvenuta nella primavera del 1570 durante la guerra tra cristiani e turchi. Sulle sponde del litorale calabro le truppe cristiane, capeggiate dal grottagliese Pietro D’Onofrio, dovettero scontrarsi con gli invasori turchi, molto più numerosi. Il comandante, avvertendo la sconfitta invocò l’aiuto della Madonna di Mutata: la sconfitta dei cristiani mutò così in vittoria. 

La Pupa baffuta

Una leggenda locale, legata a una delle miniature tradizionali della ceramica grottagliese, la Pupa baffuta, racconta che nel Settecento un vignaiolo di Martina Franca convolò a nozze con una splendida fanciulla di Grottaglie. La fanciulla, essendo di Grottaglie, doveva trascorrere, secondo la “ius primae noctis”, un’antica pratica medievale,  la prima notte di nozze con il feudatario. Il vignaiolo, che si rifiutò di accettare, decise di vestirsi da donna e provare a ingannare il principe: con abiti fastosi si recò al castello, dimenticando però di tagliarsi i baffi. Quando arrivò al cospetto del principe fu ovviamente scoperto per cui il principe ordinò di condannarlo a morte, ma saputo che l’ingannatore aveva un pregiato vigneto, gli intimò di portare a corte tutto il vino che aveva ottenuto dai suoi terreni in delle anfore che avessero le sue fattezze di travestito, pena la morte. Il vignaiolo girò tutte le botteghe del quartiere per farsi fare delle anfore a lui ispirate trovando l'aiuto dei figuli, che ne produssero circa settecento per permettere al vignaiolo di aver salva la sua vita e l’illibatezza della sua amata.

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